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Probabilmente, chiunque sia nato in Italia è convinto di parlare la lingua italiana in modo corretto:
ma, altrettanto probabilmente, non è proprio così.
Attenzione: non stiamo parlando solamente della grammatica, che in effetti a molti sembra
un’esimia sconosciuta, o degli errori di ortografia, di cui è possibile trovare traccia in moltissimi
testi, a cominciare da quelli brevi scambiati in qualche chat di messaggistica, fino alle tesi di
laurea. E che, in fondo, potrebbero essere evitati semplicemente facendo buon uso di un
dizionario.
Si tratta piuttosto della mancata conoscenza della complessità, e insieme della ricchezza, che
caratterizza la lingua italiana: che comprende più di 400.000 diverse parole. Possiamo fare
un’ipotesi: prendiamo un italiano dotato di un buon livello culturale, che sia abituato a scrivere e
magari a leggere qualcosa di più impegnativo del manuale di istruzioni dell'ultimo modello di
cellulare appena acquistato. Essendo ottimisti, a meno che non si tratti di qualcuno che con la
lingua italiana lavora (come un insegnante, oppure un giornalista o uno scrittore) arriverà a
utilizzare poco più di 40.000 parole diverse. Più o meno un decimo di quelle disponibili.
Se poi andiamo a scavare più a fondo nella realtà, considerando quello che può essere definito
“vocabolario base”, cioè quelle che sono le parole più utilizzate nel corso della quotidianità, non si
arriva che a 6.500 parole. Decisamente poche per l’italiano medio, il cui vanto è proprio quello di
conoscere la sua lingua.
La realtà dei fatti è che la lingua italiana è unica e particolare, non tanto per le regole che la
governano (e che ci sono e che vanno imparate per poterla padroneggiare al meglio), ma per una
ricchezza e un insieme di caratteristiche che la rendono unica.
Perché conoscere la lingua italiana vuol dire conoscere le diverse possibilità di esprimersi che
questa offre: considerando il numero di vocaboli e soprattutto di sinonimi, cioè quelle parole che
hanno un significato uguale oppure simile, diventa possibile scrivere e parlare in modo da non
risultare né noiosi né ripetitivi, pur trattando lo stesso argomento. Aprire un dizionario dei sinonimi
e contrari può regalare sorprese davvero interessanti: basta pensare a quanti sono i sinonimi di un
verbo semplice, quanto diffuso, come “fare”.
E quanto alla musicalità, c’è più di un motivo per cui l’italiano è la lingua della poesia, dell’arte e del
bel canto, sia più antico che moderno: impararlo e conoscerlo è il modo migliore per conoscere
anche alcune delle più grandi espressioni artistiche, in ogni campo, a livello mondiale.
Ma l’italiano è anche una lingua dalla storia particolare e molto interessante: ci sono infatti alcune
particolarità assolutamente curiose che la caratterizzano. E che spesso mostrano come la realtà
sia diversa dai luoghi comuni, anche quelli più diffusi.
Si può cominciare dall’origine della lingua italiana: la maggior parte delle persone pensa infatti che
la lingua attualmente parlata trovi le sue radici nel latino. Fatto in parte vero: però si tratta di un
latino ben diverso da quello imparato sui libri del liceo, quanto piuttosto di un latino “volgare”. Cioè
la lingua che era parlata dal popolo, in particolare quello delle province romane, latino che era, in
un certo senso, contaminato anche dalle lingue che parlavano le popolazioni locali. Di certo non la
lingua aulica utilizzata dai poeti, dai giuristi e dagli storici.
Quello che colpisce della lingua italiana è anche il fatto che comprenda un numero molto elevato di
dialetti: cioè di diversi sistemi linguistici, ognuno con caratteristiche proprie, che sono “confinati” in
una determinata zona geografica. I dialetti sono talmente tanti che persino un’autorità culturale
come l'Enciclopedia Treccani si arrende davanti all’impresa impossibile di catalogarli tutti.
Inoltre la lingua, con le sue regole ed eccezioni, che viene insegnata a scuola può essere definita
“italiano standard”: ma l’evoluzione della società e l’influenza della globalizzazione si vedono
anche nella lingua parlata. Si può parlare di una sorta di italiano “neo-standard”, che presenta delle
semplificazioni e delle divergenze anche rilevanti rispetto alla struttura classica della lingua.
Quindi l’italiano è una lingua che riunisce in sé caratteristiche molto diverse: la complessità delle
regole della grammatica che si scontra, virtualmente, con una lingua parlata in continua evoluzione
e molto diversa da quella diffusa solo venti o dieci anni fa. E una lingua ricca di vocaboli, con
sfumature minime, ma importanti, di significato tra termini che a un primo impatto possono
sembrare assolutamente equivalenti.
Questo però non significa che l’italiano sia una lingua particolarmente complessa da imparare per
uno straniero: la musicalità e la pronuncia chiara delle diverse lettere aiutano a comprendere in
modo chiaro i suoni. E a livello di regole grammaticali, per quanto siano diverse, è anche vero che
riuscire a comprendere quelle principali, come il fatto che i sostantivi possano essere sia maschili
che femminili e che gli aggettivi vadano concordati con il genere, permette di comprendere i testi e
padroneggiare la lingua.
DESCARGA EL ARTÍCULO PINCHANDO AQUÍ
Probabilmente, chiunque sia nato in Italia è convinto di parlare la lingua italiana in modo corretto:
ma, altrettanto probabilmente, non è proprio così.
Attenzione: non stiamo parlando solamente della grammatica, che in effetti a molti sembra
un’esimia sconosciuta, o degli errori di ortografia, di cui è possibile trovare traccia in moltissimi
testi, a cominciare da quelli brevi scambiati in qualche chat di messaggistica, fino alle tesi di
laurea. E che, in fondo, potrebbero essere evitati semplicemente facendo buon uso di un
dizionario.
Si tratta piuttosto della mancata conoscenza della complessità, e insieme della ricchezza, che
caratterizza la lingua italiana: che comprende più di 400.000 diverse parole. Possiamo fare
un’ipotesi: prendiamo un italiano dotato di un buon livello culturale, che sia abituato a scrivere e
magari a leggere qualcosa di più impegnativo del manuale di istruzioni dell'ultimo modello di
cellulare appena acquistato. Essendo ottimisti, a meno che non si tratti di qualcuno che con la
lingua italiana lavora (come un insegnante, oppure un giornalista o uno scrittore) arriverà a
utilizzare poco più di 40.000 parole diverse. Più o meno un decimo di quelle disponibili.
Se poi andiamo a scavare più a fondo nella realtà, considerando quello che può essere definito
“vocabolario base”, cioè quelle che sono le parole più utilizzate nel corso della quotidianità, non si
arriva che a 6.500 parole. Decisamente poche per l’italiano medio, il cui vanto è proprio quello di
conoscere la sua lingua.
La realtà dei fatti è che la lingua italiana è unica e particolare, non tanto per le regole che la
governano (e che ci sono e che vanno imparate per poterla padroneggiare al meglio), ma per una
ricchezza e un insieme di caratteristiche che la rendono unica.
Perché conoscere la lingua italiana vuol dire conoscere le diverse possibilità di esprimersi che
questa offre: considerando il numero di vocaboli e soprattutto di sinonimi, cioè quelle parole che
hanno un significato uguale oppure simile, diventa possibile scrivere e parlare in modo da non
risultare né noiosi né ripetitivi, pur trattando lo stesso argomento. Aprire un dizionario dei sinonimi
e contrari può regalare sorprese davvero interessanti: basta pensare a quanti sono i sinonimi di un
verbo semplice, quanto diffuso, come “fare”.
E quanto alla musicalità, c’è più di un motivo per cui l’italiano è la lingua della poesia, dell’arte e del
bel canto, sia più antico che moderno: impararlo e conoscerlo è il modo migliore per conoscere
anche alcune delle più grandi espressioni artistiche, in ogni campo, a livello mondiale.
Ma l’italiano è anche una lingua dalla storia particolare e molto interessante: ci sono infatti alcune
particolarità assolutamente curiose che la caratterizzano. E che spesso mostrano come la realtà
sia diversa dai luoghi comuni, anche quelli più diffusi.
Si può cominciare dall’origine della lingua italiana: la maggior parte delle persone pensa infatti che
la lingua attualmente parlata trovi le sue radici nel latino. Fatto in parte vero: però si tratta di un
latino ben diverso da quello imparato sui libri del liceo, quanto piuttosto di un latino “volgare”. Cioè
la lingua che era parlata dal popolo, in particolare quello delle province romane, latino che era, in
un certo senso, contaminato anche dalle lingue che parlavano le popolazioni locali. Di certo non la
lingua aulica utilizzata dai poeti, dai giuristi e dagli storici.
Quello che colpisce della lingua italiana è anche il fatto che comprenda un numero molto elevato di
dialetti: cioè di diversi sistemi linguistici, ognuno con caratteristiche proprie, che sono “confinati” in
una determinata zona geografica. I dialetti sono talmente tanti che persino un’autorità culturale
come l'Enciclopedia Treccani si arrende davanti all’impresa impossibile di catalogarli tutti.
Inoltre la lingua, con le sue regole ed eccezioni, che viene insegnata a scuola può essere definita
“italiano standard”: ma l’evoluzione della società e l’influenza della globalizzazione si vedono
anche nella lingua parlata. Si può parlare di una sorta di italiano “neo-standard”, che presenta delle
semplificazioni e delle divergenze anche rilevanti rispetto alla struttura classica della lingua.
Quindi l’italiano è una lingua che riunisce in sé caratteristiche molto diverse: la complessità delle
regole della grammatica che si scontra, virtualmente, con una lingua parlata in continua evoluzione
e molto diversa da quella diffusa solo venti o dieci anni fa. E una lingua ricca di vocaboli, con
sfumature minime, ma importanti, di significato tra termini che a un primo impatto possono
sembrare assolutamente equivalenti.
Questo però non significa che l’italiano sia una lingua particolarmente complessa da imparare per
uno straniero: la musicalità e la pronuncia chiara delle diverse lettere aiutano a comprendere in
modo chiaro i suoni. E a livello di regole grammaticali, per quanto siano diverse, è anche vero che
riuscire a comprendere quelle principali, come il fatto che i sostantivi possano essere sia maschili
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